sabato 9 settembre 2023

Settembre: un augurio e qualche pensiero libero sul cambiamento

Tutto comincia adesso e, allo stesso tempo, anni fa in una piazza di Lubiana in Slovenia.

Questa mattina davanti al caffè pensavo alle tante cose da riprendere in mano e a quello che volevo fare diversamente in questa seconda metà dell'anno. Pensavo a settembre, che è un periodo di ripartenza e, a volte, di cambi di rotta. Per alcuni un vero e proprio momento di bilanci, come per altri lo è la fine dell'anno.

Dopo l'estate le attività che ci riguardano riprendono a pieno regime (dal lavoro alla scuola ecc.), ma la pausa estiva a volte ci aiuta a ripartire vivendo le cose – impegni e priorità incluse - da una prospettiva diversa.

A volte le pause sono veri e proprio incubatori di cambiamento: ci aiutano a introdurre piccole e grandi rivoluzioni. E' qualcosa che tutti noi sappiamo e abbiamo sperimentato, ma su cui spesso ci soffermiamo poco, mi riferisco a questo potere di fermarci, incubare un cambiamento e poi portarlo nel mondo.

Questa foto - memoria di un viaggio ricordatomi da facebook –non solo mi ha riportato a un mio momento di cambiamento, ma mostra un altro aspetto possibile e necessario di settembre se vogliamo che sia una ripartenza con dentro qualcosa di nuovo e più buono per noi.

La sfera all’interno integra e piccola (nuova?) diventa visibile solo quando quella grande esterna (più antica?) si rompe e le lascia spazio. Sviluppando la scultura direi che la sfera nuova sta per rotolare fuori e iniziare il suo percorso non appena le due metà della grande saranno cadute a terra.

Per maturare il cambiamento di cui abbiamo bisogno non basta fermarci. Il cambiamento accade solo se la vecchia prospettiva si rompe e si apre, solo così può germogliare un nuovo punto di vista, che parte dalla rottura delle nostre credenze rigide e limitanti, dalla disponibilità a esplorarle, comprenderle profondamente rispettandone la storia per poi con delicatezza metterle in discussione.

Spesso si tratta di partorire una soluzione più funzionale al nostro benessere che ci spaventa, che ci costa molto o ci fa paura. E' qualcosa di faticoso e può richiedere tempo, ma quando ci mettiamo a fare tutto questo sul serio sappiamo profondamente dentro di noi che ne vale la pena, e in fondo sappiamo anche che il prezzo di conservare integra la sfera grande "obsoleta" a lungo andare sarebbe molto più alto di questo faticoso cambiamento. Tutto sommato, quella sfera piccola nuova e integra ci parla di una Rinascita.

Vivere significa nascere lentamente. Sarebbe un po' troppo comodo valersi di anime già confezionate. Antoine de Saint-Exupery, "Pilota di guerra"

Un augurio di un Settembre di ripartenza - cambiamento - rinascita a tutti noi.

domenica 23 dicembre 2018

Psicologia del benessere al femminile: corso a Vignate da Gennaio 2019


Corsi del Tempo Libero 2018/2019 Vignate - Psicologia del Benessere al Femminile

Nel contesto dei Corsi per il Tempo Libero nasce a Vignate un'iniziativa dedicata al femminile. In un periodo in cui di donne si parla con lo sguardo soprattutto attento alle vittime della violenza e alla prevenzione della violenza - complici i dolorosi fatti di cronaca - questo ciclo di incontri propone una prospettiva diversa sul femminile e il maschile, un punto di vista che vuole riportare l'attenzione sulle donne come protagoniste adulte, intense e uniche della propria vita, così come gli uomini lo sono della propria. Uomini e donne come persone complete, intere e che si possono incontrare, la cui identità ed espressione può essere ben distinta dagli stereotipi di genere - familiari e sociali - in cui siamo immersi, purchè portiamo su di essi la nostra piena consapevolezza. Uomini e donne come esseri umani profondamente simili e differenti, la cui differenza e peculiarità non può essere appiattita in una ricetta semplice adatta a tutti, perchè come anche John Gray ricorda gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere, ma in certe coppie i ruoli sono rovesciati. E a volte, aggiungerei, intervengono altri dei e altre dee. Non é, infatti, un caso che la mitologia greca abbia concepito molte altre divinità femminili oltre a Venere - Afrodite.
Maschile e femminile, tra cultura e società, tra ieri e oggi, esplorati in modo inconsueto passando dall’arte al cinema, dalle parole di scienziati e terapeuti ai proverbiali commenti di nonna sull’argomento. Questo ciclo di incontri è dedicato al femminile, in tutta la sua complessità e le sue sfaccettature. Lontano dalle ideologie (femminismo, maschilismo ecc.), è pensato per prendere le distanza da tutte le sottili forme di sessismo, riflettere e vivere ancora più pienamente quell’essere donna che non è affatto scontato, né è sempre libero-di-essere-ciò-che-é come ci piacerebbe pensare. Essere una donna è un viaggio: tra le tappe che toccheremo assieme l'impatto della nostra storia, autostima e assertività, consapevolezza e crescita personale attraverso le storie, perché in molti “c’era una volta” troviamo le nostre radici e indicazioni preziose su come evolvere.

Date:  tre lunedì sera dalle 20,30
lunedì 21 Gennaio 2019  -  18 Febbraio 2019  -  18 Marzo 2019

Luogo: Auditorium Comunale, Via Roma, Vignate (MI)

Relatrice: Gabriella Giunco, psicologa psicoterapeuta della Gestalt
                  
Iscrizioni: tutti i dettagli per partecipare qui online https://drive.google.com/file/d/1hvDOBdmfIA77IGgXREmT__pnnjaO5aRJ/view?usp=sharing

lunedì 21 maggio 2018

Incontrare noi stessi tra le pagine: evento a Vignate sabato 26 maggio


La madre, la donna in rosso, la casalinga, la figlia, la donna in carriera, la capetta, la disponibile...donne diverse o forse le tante parti di Elisa?  E così Pietro porta dentro di l'uomo di famiglia, l'avventuriero, il pauroso, il tenero e il duro. Elisa e Pietro ci parlano un po' di noi, della nostra "molteplicità" con tutta la sua ricchezza e la sua complessità.
E la meraviglia é che più conosciamo le nostre parti, più possiamo integrarle e vivere in armonia. In fondo, é questo che succede ogni volta che evolviamo, ogni volta che c'è vera crescita personale.
In Biblioteca a Vignate  una mattina per conoscerci attraverso la letteratura, perchè i libri possono farci da specchio, mostrarci le tanti parti di noi il cui equilibrio é prezioso per il nostro benessere e darci lo spunto per sperimentare il nostro “mondo dentro”.

Partecipazione libera e aperta a tutti

Dove: Biblioteca La Fonte, Via Fermi 43, Vignate (MI) 

Quando: sabato 26 maggio 2018, ore 10,30 - 12,30

Relatrice: Gabriella Giunco, psicologa psicoterapeuta della Gestalt
Per maggiori informazioni contattare:  Cell 389 4950649

Perche partecipare all'incontro in Biblioteca a Vignate?
Perchè psicologia e letteratura contemporanea ci parlano di Elisa e Pietro e con linguaggi diversi ci portano spesso gli stessi messaggi preziosi. J. Hillman e F. Perls condividono molto con autori lontani anni luce (all'apparenza) come la scrittrice e romanziera turca Elif Shafak.
E' da questa riflessione - fatta come psicoterapeuta, lettrice e donna - che prende spunto la mattinata.
Obiettivo? Approfondire il nostro mondo interiore, o meglio familiarizzare con quelle parti di noi cui non facciamo caso quando la nostra vita procede per il meglio, mentre i loro dissidi ci assorbono nei momenti di crisi esistenziale. Voci interiori che si esprimono, per esempio, in molti dei nostri "non riesco", risultato dell'incontro tra una parte interiore che vuole e una che non vuole. Conoscere la nostra molteplicità é il primo passo verso una maggiore integrazione e, così, un maggiore benessere.

Relatrice: Gabriella Giunco, psicologa psicoterapeuta della Gestalt
Per maggiori informazioni contattare: Cell 389 4950649
 

lunedì 7 maggio 2018

Sognando - Lavoro esperienziale col sogno a Vignate



"Sognando - lavoro esperienziale col sogno"

Ecco l'ultimo incontro del ciclo "Viver sani e consapevoli",  promosso da UTL, Università del Tempo Libero di Vignate. Un'iniziativa pensata per conoscerci di più e riscoprire la bellezza e il senso di quanto a volte sottovalutiamo, compresi i silenzi e le superfici che tutto ospitano e molto svelano.

E' tra queste "superfici" spesso trascurate che collochiamo i sogni, sia quelli che scivolano via prima dell'aroma del caffè, sia quelli che ricordiamo a distanza di anni o che ci visitano irrequieti notte dopo notte. Ogni sogno é superficie che accoglie la nostra profondità in modo unico e affascinante. Su questo molti concordano, cambia tutto se ci chiediamo come considerare i sogni e "cosa farcene dei sogni". Molte domande - quelle essenziali come Perchè sogniamo? Da dove arrivano i sogni? - restano aperte o meglio trovano risposte diverse, che molto hanno da dare e da dire.

Ci possiamo accostare al sogno in molti modi: possiamo studiarlo con curiosità e rispetto, possiamo scrutarlo, possiamo analizzarlo e interpretarlo, possiamo contemparlo come un'opera d'arte della nostra psiche e vedere "cosa ci ispira", possiamo, infine, (ed é la via che preferisco) lavorarci e al contempo restarne profondamente affascinati.

Insieme parleremo di come viviamo i nostri sogni e di che rapporto abbiamo con loro, accenneremo ai sogni nella storia dell'uomo, traendone spunti e suggestioni. Infine, chi vorrà potrà sperimentare il lavoro esperienziale sui sogni.

QUANDO Lunedì 7 Maggio ore 20,30
DOVE Auditorium, Via Roma, Vignate

Relatore: Gabriella Giunco, psicologa psicoterapeuta della Gestalt

Vi aspetto!





martedì 13 marzo 2018

Incontro psicoletterario: paradossi e meraviglie della comunicazione

Abner riparava tutto. Un giorno vide una donna rotta seduta su una panchina, aggrappata alla borsetta. La vita l’aveva spezzata. Abner la portò a casa e la riparò...

Presso la Biblioteca Comunale "La Fonte" in Via Fermi 43, Vignate (MI)


Sabato 17 Marzo 2018 dalle 10 alle 12



Parleremo di racconti e di libri, o meglio del rapporto tra psicologia e letteratura, di cosa cerchiamo nei libri e di cosa i libri ci possono dare se ci approcciamo ad essi in modo aperto e profondamente consapevole. Scopriremo quanto in fondo abbiamo sempre saputo, ovvero che la nostra stessa mente funziona in modo narrativo e che questo contribuisce a rendere speciale il nostro rapporto con le storie, sia nostre, sia degli altri. Ogni racconto può parlarci di noi e accrescere con leggerezza e intensità la nostra consapevolezza. 
Tema dell’incontro: la comunicazione, dai racconti di comunicazione di Michael Ende, autore della Storia Infinita e dello Specchio nello specchio, alle storie di comunicazione che ognuno di noi porta dentro di sé. Perché conoscerle apre ad accoglierle e, a volte, a modificarle. In riflessione e leggerezza.

Partecipazione gratuita e aperta a tutti.

mercoledì 14 febbraio 2018

Workshop Intensivo a Milano il 24 Marzo: Mollare la presa e lasciarsi andare alla vita

Tra Occidente e Oriente una procedura per lasciar andare in 7 passi.
Perché a volte il punto non è fare di più o fare meglio, ma mollare la presa su quello che non ci sta più bene.

Un incontro di una giornata focalizzato più che sull'aggiungere sul togliere, che tra momenti di riflessione e condivisione, teoria e pratica, propone un viaggio al cuore del nostro lasciar andare o meno ciò cui siamo aggrappati.


Obiettivi:
- Conoscere e approfondire il tema del lasciar andare, esplorandolo a livello teorico dal Buddismo passando per Freud fino alla Psicoterapia della Gestalt
- Riflettere assieme su ciò che lasciamo e non lasciamo andare
- Sperimentare esercizi specifici per mollare la presa
- Lasciar andare col corpo e l'immaginazione
- Esplorare una tecnica specifica in 7 passi per lasciar andare.

Il percorso é rivolto:

  • al professionista delle relazioni d'aiuto che desidera approfondire il tema del lasciar andare
  • a chi accompagna persone alle prese con perdite e crisi
  • a chi vuole liberarsi dai sensi di colpa,
  • a chi vuole iniziare a lasciar andare le proprie ansie,
  • a chi intende superare lo scoglio rappresentato da una perdita, da una ferita dell’anima, da una caratteristica personale limitante
  • a chi vuole semplicemente vivere in modo più pieno e consapevole il proprio presente e le proprie relazioni
Relatore:  Dott.ssa Gabriella Giunco, psicologa psicoterapeuta della Gestalt

Costo:  40 Euro.


Sede: SIBIG, Via Marcona 24, Milano

Data: Sabato 24 MARZO 2018, ore 9,30 - 13 e 14 - 17,30

Per informazioni e iscrizioni: contattare la Dr.ssa Gabriella Giunco, cell 389 4950649 email g.giunco(@)tiscali.it

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PER SAPERNE DI PIU - ALL'ORIGINE DEL WORKSHOP


"Mai ti è dato un desiderio senza che ti sia dato anche il potere di realizzarlo” (Richard Bach): realizzare e mollare la presa sono due facce della stessa medaglia,  espressione di due tipi di aggressività, entrambe necessarie perché possiamo chiudere le situazioni irrisolte e soddisfare i nostri bisogni... realizzare i desideri legati a diventare ciò che siamo. Questo workshop nasce da osservazioni cliniche e personali: per molti di noi il punto non è tanto autorizzarci a lottare per ottenere ciò che vogliamo, magari disponiamo di una buona capacità aggressiva (nel senso ad-gredior, “vado verso”), il punto è che prima ancora ci occorre mollare la presa su altro. Può essere un introietto, un lutto non elaborato, un “ormai” travestito da “ancora” che non ci sta più bene e teniamo artificialmente in vita. Quando non lasciamo andare, siamo posseduti da ciò cui siamo attaccati e ci muoviamo nel mondo come se guidassimo un’automobile col freno a mano tirato: possiamo anche dare gas, faremo pochi metri in avanti e con enormi sforzi.

L’attaccamento nel senso buddista del termine interferisce con l’autoregolazione organismica e, in senso più ampio, toglie sapore e leggerezza all’esistenza. Il workshop si concentra, non a caso, sul lasciar andare la morte e il lasciarsi andare alla vita.  Il primo riguarda il mollare la presa su quanto ha cessato di far parte della nostra vita (lavoro del lutto) o é ormai superato (ruoli obsoleti, rapporti “appiccicati addosso”). Permettere alla gestalt incompiuta di procedere verso la sua naturale chiusura, mollando la presa, è legato anche al lasciarsi andare alla vita, che riguarda il concederci di essere davvero presenti, mollando con fiducia il controllo e vivendo quanto la vita ci offre qui e ora.

Occorre lasciar andare ciò che si è stati per accogliere ciò che ora si è e si può essere: un processo impegnativo, ricorda Perls “sopportare di morire per poi rinascere non è facile”. Durante l’incontro spazieremo tra Occidente e Oriente fino a introdurre una procedura per lasciar andare in 7 passi, esito di studio personale, e sperimenteremo esercizi ad hoc.

martedì 7 novembre 2017

Oltre la comunicazione efficace: passare dal giocare a scacchi al giocare a tennis


 La parola è un atto a due facce. E' determinata ugualmente dal di chi è la parola e per chi è intesa. Una parola è un ponte gettato tra me e l'altro. Se un'estremità del ponte dipende da me, allora l'altra dipende dal mio destinatario. Una parola è un territorio in comune fra il parlante e il suo interlocutore” (Bachtin, 1976, p.159).
La parola è un ponte gettato tra me e l’altro, un atto che dipende tanto da me quanto dalla persona cui mi rivolgo. Questo è per me il cuore della comunicazione, ho letto queste parole di Bachtin per la prima volta a 22 anni e da allora mi sono rimaste dentro, tanto che quando mi sono laureata nel lontano 2005 ho scelto come relatore il professore Carlo Galimberti,  da cui le avevo sentite a lezione per la prima volta.
Nei corsi di comunicazione efficace a volte si parla quasi esclusivamente di tecniche, di “trucchi” per gestire le obiezioni, di modi per conoscere e sfruttare i silenzi e di come usare l’ascolto dell’altro a favore dei nostri scopi. Quando ciò accade si perde di vista l’essenza della comunicazione, che è per sua natura scambio e reciprocità. E questa sua natura si afferma anche  e soprattutto quando l’altro non ci sta, “fa orecchie da mercante” rispetto a quanto gli diciamo o chiediamo: la non collaborazione dell’altro è il suo modo di comunicare con noi e ci mostra molto chiaramente che non siamo onnipotenti e che se l’altro non ci sta, non possiamo imporci. Questo perché non basta che io costruisca il mio messaggio nel modo più chiaro e pulito possibile, veicolandolo coi registri paraverbali e non verbali più adatti (tono, volume di voce, sguardo e postura “giusti”, fermi e accoglienti allo stesso tempo), occorre tener conto dell’altro e della sua assoluta libertà rispetto al come sceglierà di reagire a quanto gli dico: “un’estremità del ponte dipende da me, l’altra dipende dal mio destinario” ribadisce Bachtin.
Prima di pensare a come comunicare meglio possiamo fare molto per la qualità della nostra comunicazione ripartendo da qui: dal riconoscere che siamo sempre un io e un tu in relazione.
Non siamo onnipotenti, l’illusione di poter controllare quanto avviene nello scambio con l’altro è destinata a cadere - e per fortuna, altrimenti dove sarebbe la sorpresa di incontrare qualcuno per davvero? Crolla l'illusione, viene riconosciuto il ruolo di entrambe le parti dialoganti, che ci si riesca a capire o che si fallisca, che si trovi un accordo o meno: la responsabilità è sempre di entrambi gli interlocutori, mai solo di una parte. Chiunque – se riflette sulla propria vita di relazione – sa bene che è così che stanno le cose.
Ognuno è responsabile sempre e solo del proprio pezzo di ponte. Questo ci spoglia dell’illusione di poter convincere l’altro, sradica l’idea di “poter far capire all’altro che…”, mentre restituisce all’altro la piena sovranità di sé stesso:  di fatto non facciamo altro che tornare alla realtà, possiamo constatare che non abbiamo convinto l’altro, abbiamo fatto del nostro meglio e l’altro ha scelto di seguirci, “si è convinto”.
Perdere l’onnipotenza può suonare sgradevole… cerchiamo ora di starci dentro un po’ più a lungo… proviamo a dirci che a noi spetta costruire al meglio la nostra parte di ponte e solo quella, così come all’altro spetta di decidere cosa fare del suo pezzo di ponte… respiriamoci dentro… chissà, forse la musica sta cambiando e il tutto ci inizia a sembrare tanto vero quanto liberatorio.
Magari ci arrivano pensieri sparsi del tipo “allora non è colpa mia se l’altro non…  “allora non dipende tutto da me…”, “allora anche l’altro deve fare la sua parte… non è tutto sulle mie spalle”. Sì è proprio così, il peso e la meraviglia della comunicazione sono sulle spalle di entrambi,  di chi parla e di chi ascolta, mittente e destinatario.
L’altro ha un’importanza sostanziale nella comunicazione, persino negli scambi più semplici non c’è nulla di scontato.

A volte pensiamo di dover prescindere dall’altro “perché tanto lui/lei non mi risponderà, non c’è o non c’è mai stato” o “perché tanto non ci so fare con la gente, meglio non provare nemmeno a farmi capire, meglio rinunciare a cercare di capire chi ho davanti”, altre volte pensiamo di poter bypassare il nostro interlocutore, crediamo di poter fare il nostro ponte da soli, prevedere tutte le mosse dell’altro  “perché so già come la pensa”. In quel momento decidiamo di non stare in relazione fino in fondo, non ci lasciamo incuriosire e non riconosciamo chi abbiamo di fronte come davvero altro da noi.
Anche l’empatia può diventare una trappola, quando confondiamo il nostro risuonare con le emozioni dell’altro col capire cosa prova  o sente esattamente lui o lei. Provare empatia ci avvicina all’altro, ma non ci consente di fare un balzo oltre le differenze, ci aiuta a fare il nostro pezzo della comunicazione al meglio, ciò non toglie che l’altro resta l’altro per quanto io possa emozionarmi con lui/lei, sentire e stare profondamente con lui/lei.
Se iniziamo a bypassare l’altro ci chiudiamo in un mondo di proiezioni in cui crediamo di comunicare, ma di fatto facciamo tutto da soli, l’altro c’è ma noi non ne teniamo conto e preferiamo confrontarci con la nostra idea di lui/lei, i nostri pregiudizi su come ragiona secondo noi, su cosa farà dopo ecc.
Cominciamo a parlare meno, a confrontarci meno con l’altro in carne e ossa, mentre iniziamo a spendere le nostre risorse nella produzione di previsioni complesse riguardo cosa farà l’altro se io faccio così, e cosa risponderò in quel caso, e allora cosa accadrà ecc. Sviluppiamo diagrammi di flusso sul nostro rapporto con quella persona anziché stare in relazione con lei e spesso ci rimaniamo ingarbugliati dentro: comunicare con l’altro diventa  giocare a scacchi. L’altro c’è ma è solo una minaccia – può fare scacco matto al mio re – occorre io mi difenda e per farlo non si può dialogare, c’è da prevedere mosse e contromosse, agire poco e in modo ponderato, la posta in gioco è la vita del mio regno. A scacchi occorre essere lungimiranti e calcolatori, le mosse dirette non premiano.  Prima di fare la propria mossa c’è tutto il tempo di sentire la paura di sbagliare, di perdere un pezzo che conta, una torre o un fante o di peggio. A ogni mossa rischio di perdere qualcosa di mio, allora sì che rapportarmi all’altro diventa difficile.

L’immagine degli scacchi arriva da una seduta con una persona a me cara, un tempo mia paziente: la sua idea di fondo all’inizio del percorso con me era “che fatica stare in relazione, nel rapporto con l’altro deve andare tutto bene perché mi deve confermare nel mio valore, allora non posso sbagliare nulla, devo dire la cosa giusta nel momento giusto. Se ciò non accade, allora non c’è rimedio. E’ colpa mia, l’altro è perso e mi giudicherà.” E allora le occorreva pensare, prevedere, ipotizzare, l’ansia cresceva fino a paralizzarla, su quella scacchiera perdeva un pezzo dopo l’altro mentre saltava spesso il suo turno di gioco non decidendosi in tempo a muovere cosa.


Ricordo le avevo parlato di Lodge, della sua visione di comunicazione umana come giocare a tennis anziché a scacchi, consapevoli di farlo con una pallina molto particolare: “La conversazione è come giocare a tennis con una palla fatta di gomma semiliquida, che ha una forma diversa ogni volta che attraversa la rete”, perché “Quando mi dici qualcosa, io verifico di aver compreso il tuo messaggio ripetendolo con parole mie, perchè se lo ripetessi con le tue parole tu potresti dubitare che io abbia capito. Ma se uso le mie parole il risultato è che cambio il tuo significato, anche se solo di poco…”, tu rimani altro da me, non posso leggerti la mente, entrare così profondamente nel tuo significato, per quanto attento ti rimanderò una pallina sempre un po’ deformata. Di buono c’è che con questa consapevolezza di passaggio in passaggio ci possiamo avvicinare a una buona compresione reciproca, seppure mai perfetta.  E questo vale per tutto, anche per le conversazioni più semplici e banali.
Un esempio pratico? Ricordo un pomeriggio in studio ad agosto, seminterrato senza aria condizionata, la paziente  delle 16 si accomoda davanti a me e mi dice “che caldo che fa!”, io  le rispondo “vuoi che apro la finestra?”, lei replica “no, qui si sta bene, è fuori che fa caldo!”. In questi tre turni di parola c’è tutto: la persona mi manda un primo messaggio e io ipotizzo mi stia chiedendo di rinfrescare la stanza, la sua risposta (il terzo turno di parola) mi fa capire che la persona stava al contrario apprezzando la temperatura dello studio (un po’ meno caldo del clima in strada).
Un altro esempio? Coppia in stazione a Porta Garibaldi (Milano), lui “come è pesante la tua valigia”, lei “la porti sempre tu, dai ora la porto un po’ io”, lui replica “No, no, più che altro tua mamma ti doveva dare proprio tutte quelle conserve di marmellata?”. Lei credeva il compagno si lamentasse del peso e le chiedesse aiuto per quello, poi emerge dalla risposta di lui che il punto é in realtà la suocera, il come si chiarirà trai due più avanti, nel proseguire dello scambio.
Lasciando la stazione e tornando alla mia paziente, per lei è stato potente riscoprire la comunicazione come giocare a tennis con una pallina deformabile, dove ciò che premia è stare nel flusso del gioco, agire in modo diretto, stando in contatto con sé stessi e con l’altro, turno dopo turno: stare in questa metafora ci dà leggerezza, se sbagliamo non perdiamo un pezzo di noi (alfiere o pedone che sia), possiamo realizzare che è davvero normale non capirsi subito e, a volte, anche dopo molti passaggi.

La comunicazione quando funziona è un processo co-costruito in cui io faccio il mio e tu fai il tuo e ci “passiamo la palla” più volte finché non ci siamo avvicinati abbastanza a ciò che ognuno vuole comunicare all’altro. Occorre pazienza, senso del limite, curiosità e voglia di mettersi in gioco. E se non ci capiamo possiamo solo rivedere il nostro pezzo, modificare quello e vedere cosa se ne fa l’altro,  la responsabilità del successo o meno della comunicazione è di entrambi gli interlocutori, mentre non c’è colpa né merito solo individuale. Meno onnipotenti, ma anche meno colpevoli, più leggeri e consapevoli. Inoltre, quando smettiamo di lamentarci/sentirci in colpa per il pezzo di ponte che l’altro non fa/fa male secondo noi possiamo iniziare davvero a fare qualcosa per la nostra parte di ponte, col risultato che rinunciando all’onnipotenza e assumendoci la responsabilità solo di cosa facciamo noi iniziamo in realtà a essere molto più efficaci nel rapporto con l’altro. E arriviamo a quella comunicazione efficace da cui siamo partiti, ma in modo assolutamente nuovo e con delle sfumature di senso molto più fertili di relazione.